Editoriale

Non dobbiamo mollare

 

Un anno di lotte e di sconfitte per gli studenti universitari italiani: infatti il succedersi del ministro Zecchino al ministro Berlinguer non ha cambiato di fatto nulla della linea politica di riforma dell’università.

Il progetto di riforma scontenta tutti, i docenti, i ricercatori e gli studenti.

Questi (ultimi a tutti gli effetti) pagano un’europeizzazione che in realtà porta ad una formazione universitaria d’élite. Non è infatti nient’altro il famigerato tre più due, con una laurea dopo i primi tre anni e un dottorato dopo gli altri due, con contraddizioni riguardo al fatto che il primo triennio debba essere o no comune.

Ma vediamo i principali punti negativi della riforma: anzitutto non si sa ancora quale possa essere la spendibilità sul mercato del lavoro della laurea di primo livello, giacché le imprese cercano una serie A, una selezione operata dalle università che eviti loro l’esame di tanti curricula. Almeno a Cagliari l’intenzione dell’attuale Rettore è quella di tenere basse le tasse universitarie, anche tenuto conto della realtà socioeconomica sarda.

Passiamo alla laurea specialistica: avrà un accesso limitato, a numero chiuso, con selezioni che saranno organizzate autonomamente da ciascun Ateneo. In questo caso le tasse saranno ben più consistenti, ed è qui che si consuma il delitto e si trasforma l’università di massa in università d’élite. Se poi si aggiunge il fatto che non è al momento prevista nessuna forma di provvidenza per garantire il diritto allo studio dei "capaci e meritevoli, nonché privi di mezzi" la cosa è ancora più evidente.

Altra magagna è la "mobilità studentesca" che non è in alcun modo agevolata, anzi, con queste norme è fortemente sfavorita.

Noi facciamo parte di un’isola, e la mobilità per noi può essere appannaggio solo di pochi fortunati, e spesso a costo di pesanti sacrifici. Non ci resta che sfruttare le possibilità offerteci da questo ateneo, da migliorare e rendere sempre più competitivo, con l’ausilio dei docenti (smettano alcuni di considerare qualsiasi cosa faccia parte della propria materia indispensabile ai fini del conseguimento della laurea!) del Rettore e degli organi centrali dell’Ateneo (un minimo di efficienza in più non guasterebbe, una maggiore coordinazione tra università e E.R.S.U. risparmierebbe tempo, spesa e garantirebbe una maggiore fruibilità di tutti i servizi offerti, con una crescita complessiva in termini di qualità non indifferente). Ma soprattutto con la partecipazione attiva di Mamma Regione, non con le elemosine, ma con la compartecipazione dell’Università alla programmazione e allo sviluppo economico dell’intera isola.

Con la speranza che il 2000 segni l’inizio di un cambiamento di cui oggi non vediamo i segni.

Andrea Lobina

Marco Pistis